Alberto MIELI n° 180060
90 anni, mani lievemente tremolanti, la persona solida, comunicativa, motivata. Ha salutato ed ha iniziato subito a raccontare, come un fiume in piena che non si può trattenere. E’è tra gli ultimi sopravvissuti di Auschwitz, dove non è più voluto tornare perché le immagini, i volti, le situazioni sono ancora troppo vive e lo fanno soffrire. Era il novembre 1943, la sua famiglia era sfuggita alla terribile deportazione degli ebrei del 16 ottobre 1943 a Roma, Alberto aveva 17 anni. I suoi numerosi fratelli erano ospiti di famiglie cattoliche del condominio, per essere confusi con i propri figli. La sua Mamma gli diceva di non uscire, ma Alberto lo fece, una, due volte e sempre finì in un rifugio antiaereo dove, per ingenuità, fu arrestato dalle SS come avversario politico. Finì nel 6° braccio del carcere Regina Coeli.
Fu interrogato tre volte con torture sempre più violente, da non riferire tanto sconvolgono. Gli alunni, 170 circa, ascoltavano in un silenzio impressionante.
I prigionieri del 6° braccio finirono tutti nel massacro delle Fosse Ardeatine, Alberto no perché era già nella lista di Auschwitz.
Qui il n° 180060 ha visto e vissuto traumi indelebili. Ha raccontato violenze su bambini, ragazzine, un sacerdote belga, su deportati di tutte le età, il lavoro in fabbrica, anche nella Solvay in Polonia, la marcia della morte di 620 chilometri, il trasferimento a Mauthausen, fino alla liberazione, al ritorno a Roma, dove trovò la famiglia al completo che da due anni non aveva la minima notizia sulla sua sorte.
Da allora ad oggi è stato riconosciuto, decorato. A 50 anni dalla liberazione ha ricevuto una lettera personale dal presidente USA Bill Clinton.
Era di casa in Vaticano perché aveva lavorato nella fabbrica di S.S. Giovanni Paolo 2°. Alberto perché sei sopravvissuto gli chiese un giorno il Papa. Santità, me lo dica Lei che ha grande cultura, che non è peccatore come me, che parla con Dio.., rispose Alberto.
Dopo aver risposto alle domande dei ragazzi, ha lasciato loro degli impegni:
Lo ringraziammo ed invitammo gli studenti a salutarlo personalmente. Il signor Alberto si alzò in piedi. Gli alunni di 1^ e 2^ LLE gli diedero la mano con un grazie sussurrato e sorrisi appena accennati. Quando fu il turno della classe 3^, Maria Eléna lo abbracciò piangendo. La commozione, allora, trovò una via d’uscita per tutti. Maria Eléna lo abbracciò per la seconda volta e poi tutti lo salutarono con il bacio. Fu un momento di altissimo significato. Il signor Mieli con gli occhi luccicanti e un lieve sorriso diceva: grazie ... grazie ...
Alberto perché sei sopravvissuto? Per essere testimone, per aiutarci a fare memoria, per rendere il mondo più umano. Grazie!